Siamo tutti burini, e non si torna indietro signora mia!

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Alberto Arbasino diceva: “Il lusso va bene purché sfrenato”, forse è l’unica delle sue one-liner che apparentemente soffre l’odierno spirito del tempo, dato che a poterselo permettere non è più lo scià di Persia per acquistare delle tiare imprescindibili alla principessa triste, ma una marea di sfacciati burini a cui sfuggono i pompini del Barone di Charlus o le sforbiciate della signorina Vinteuil sia che si trovino in treno schiamazzanti a importunare Alain Elkann o fatti di bamba spipazzando della shisha in dei club con musica orrenda a Ibiza o Mykonos. E’ forse l’unica forma di democrazia possibile in questo momento: ricchi o poveri sono, anzi siamo, definitivamente e ugualmente burini, con delle piccole difformità accessorie, scusate il bisticcio, proprio negli accessori come per esempio: birkin finte e vere, tatuaggi fatti male e fatti bene ma brutti comunque, Ryanair ed Emirates, dove per dei giri della morte o ironie della sorca è quasi più pacchiana quella cromatura bronzodorata della seconda che lo scomodissimo pitch fra sedili della prima. In realtà parliamo di ostentazioni da rapper, quindi davvero disgraziate, perché fatte da orologi, capi d’abbigliamento e cash, quindi rispetto alle pietre e i tappeti della Maharani di Baroda davvero: maddeché stamo a parla‘? E andando verso appiattimenti che omogenizzano chi si crede al di sopra con chi da tempo ha fatto il coming out dell’orgoglio coatto: non è che uno possa pretendere di essere migliore dell’altro in tema per esempio di piattaforme sociali, non si può essere Domietta Hercolani su Instagram solo perché si ha il profilo chiuso, è l’uso dello stesso che determina l’appartenenza; e quando non è chiuso trovo che ci sia poca differenza fra l’account “Karima di tutto e di più” e per esempio la cronaca via story del matrimonio in peplo firmato Valentino e sguardo rapito dal momento del direttore di “Vanity fair” Simone Marchetti, con musica live che suona “Mediterranea” di Giuni Russo allorché lo accompagna in questa suggestiva radura di isoletta siciliana dove ad attenderlo ci sono gli invitati fra cui nessuno che osi pretendere per lo meno dell’ayahuasca per godere o dimenticare appieno il momento. C’è da dire che l’estate al mare è un moltiplicatore estremo di cattivo gusto a partire dalla parossistica esposizione delle carni e all’inventare di sana pianta a noi stessi e attraverso l’esposizione anche agli altri, la sensazione di un benessere che per carità può anche esserci ma che non è proprio inciso sulla pietra, soprattutto perché per una strana forma nervosa si innesca in noi stessi, più che in altre stagioni, il pilota automatico di una ridicola ansia performativa che esige lo stare bene e se uno proprio non ce la fa, avere la delicatezza di fingerlo. E’ molto dura, è imporsi di dimenticarsi degli aeroporti, dei bambini che piangono in aereo, commerciale o privato che sia, del sole che fa malissimo, degli inferni per prenotare dei ristoranti dove si mangia male e ti pelano, delle code delle file e ancora delle code e altri mille malesseri e fatiche che è inutile vi stia ad elencare, tanto avete capito benissimo. E proprio sull’esporre a tutti i costi questa gioia estiva accaldata e immotivata, anni fa Costantino della Gherardesca mi impartì un insegnamento notevole: eravamo in gitarella a Sausalito da San Francisco e al termine di una colazione gli dissi: “Dai che ti faccio delle foto”. Con stupore lo vedevo allontanarsi dalla Marina abbastanza giusta di Sausalito per addentrarsi in dei parcheggi anonimi adiacenti dove si soffermava accanto dei pickup Subaru. Gli chiesi se si fosse ammattito e lui in maniera del tutto paternalistica mi disse: “Ma io penso oltre, tu capisci.. Penso al pensiero dell’utente!”. Io gli rispondo “Il pensiero dell’utente pensa che se sei davanti a una macchina tu sia una parcheggiatrice”, e lui: “Pensa invece che sono un grande bono, se mi vede accanto al mare pensa che sono un poveraccio che va in vacanza e si fa le fotine in vacanza… e il mare comunica anche incertezza e instabilità!”. Quindi in teoria chi va al mare oltre che burino è anche probabilmente emotivamente instabile e tendente alla tristezza. A corroborare questa teoria viene in aiuto il pensiero di un controverso protagonista di questi anni e cioè Elon Musk che a proposito dice delle cose forse banali ma del tutto condivisibili: “La gente posta foto quando pensa di essere felice, le modifica per sembrare più bella, e anche se non le modifica seleziona quelle con la luce giusta e l’angolo migliore, quindi questa gente sembra più bella e molto più felice di quello che in realtà è… E se li vedi su Instagram pensi che loro siano più felici e belli di te e questo ti intristisce, mentre in realtà quelli che pensi siano super felici non lo sono affatto, molti di loro sono davvero depressi e tristi”. Ricapitolando, siamo messi benissimo: burini e infelici. Devo dire che farsi i cazzi propri magari in una solitudine controllata potrebbe aiutare. E’ quello che ho deciso di fare quest’estate, anche se invece di non muovermi da casa percorrerò, ho appena fatto i calcoli, oltre 36.000 kilometri, ci ho messo anche del mare, giuro pochissimo. Magari ve lo racconto.