#Prativision
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Immaginarsi una missione impossibile e cercare nelle crepe di sistema una sua risoluzione. Scopro ieri con stupore e meraviglia la seguente notizia: la cantante, ballerina, soubrette, attrice, scrittrice, ma diciamo pure coi tempi che corrono anche vedette (che poi è il grado superiore a soubrette) Pamela Prati, tenterà di partecipare alla prossima edizione dell’Eurofestival come rappresentante della Serenissima repubblica di San Marino. Per poterlo fare deve necessariamente vincere il concorso “Una voce per San Marino” che si terrà il 25 febbraio près de remparts del monte Titano.
Piccola parentesi. Devo ricordare che stiamo facendo un po’ troppo finta di niente: è chiaro che siamo diventati a tutti gli effetti dei professionisti del baratro, in una disperazione a stento controllata dove la parola d’ordine è frustrazione, niente che sembra andar bene, un rinfaccio giornaliero di lamenti, contemplando in ogni momento del giorno e anche del sogno un cambio di lavoro, casa, città, partner, nazione e pianeta, proiettando pareri su non verificate baruffe di star System nostrane in un contesto d’impresentabili destre al governo e di sinistre allo sbando che fanno bestemmiare forte. La possibile fine non si percepisce attraverso i sacchi dei cinesi né nei giorni spesi al centro commerciale, quanto in un Corretto che ha sostituito efficacemente la censura, l’esponenzialità con la quale crescono i minuti spesi gobbi e presto ciechi di fronte al cellulare e alle confcall o anche i washing aziendali, mimetizzati da sospette campagne di wellness con sensibilizzazioni psico, eco, bio, gender e vattelappesca che a uno gli viene da dire: ma se cce tieni così tanto a me, pagame deppiù, no? L’imperativo quindi è distrarsi, distrarsi possibilmente con della porporina, come questa.
Contestualizzare il mondo della musica dove l’artista Pamela Prati muoverebbe i passi per raggiungere la venue dell’Eurovision sita in Liverpool (e qui potrebbe verificarsi un piccolo impedimento a causa della sua supposta paura di volare che se non ricordo male le impedì di partecipare – credo nonostante un anticipo – a un’edizione de “L’isola dei famosi” di qualche anno fa) è presto detto: trapper che vivono al massimo due estati, i soliti one hit wonder, gente che canta in corsivo, indie con i soldi di papà, cantanti melassa un tanto a banalità presi a esempio da maître à penser per la rinascita del piddì, artisti con la credibilità che vacilla in un solo spot del caffè o di una nave crociera: d’altronde chi non vorrebbe accorciare un mutuo o accenderne altri con del cash veloce, ci mancherebbe. Peraltro, i suoi rivali al concorso sono sulla carta più o meno della sua caratura artistica, senza dimenticare che a lei si deve un po’ di riconoscenza per il suo piccolo capolavoro di costume, e cioè la famosa truffa romantica perpetrata da il personaggio di fantasia Mark Caltagirone ai suoi danni che produsse un ragguardevole e indimenticato monte ore televisivo.
Possiamo affermare che Pamela Prati è la nostra Cher per mancanza di prove, ovvero la Cher che l’Italia si merita? Possiamo dire che l’Eurovision è stato sempre avanguardia di canzoni mediocri cantate in idiomi cacofonici da cantanti vestite di merda e poi emulate con perfetti lip sync in dei locali all’aperto del Mediterraneo? Possiamo sperare che una piccola repubblica incavata nella nostra penisola venga rappresentata da un’ultra sessantenne con una canzone probabilmente latina e divenga emblema e modello orgoglioso di elder woman empowerment? Insomma, possiamo sognare?