Figliuola non andare con gli attori ché poi finisci nelle canzoni
Jack Nicholson, Angelica Huston, Joni Mitchell e la bellissima col paralume in testa che piange e ride.
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Immaginatevi di spiare un party in un appartamento di West End Avenue a New York agli inizi degli anni ’70. Le finestre sono oscurate, le pareti sono di un nero brillante, il pavimento di linoleum bianco ha degli spruzzi di vernice rossa, la sala da pranzo è tutta specchi, siamo a casa del parrucchiere delle dive e modelle Ara Gallant che diventerà successivamente un discreto fotografo fino a suicidarsi per depressione e cocaina nel 1990 a Las Vegas.

Non è una festa di VIP qualsiasi, ma è quella descritta in una delle più icastiche canzoni di Joni Mitchell che si chiama “People’s parties” ed è contenuta nel suo album di maggior successo commerciale dal titolo “Court and spark”. Ho sempre pensato che il party in questione fosse avvenuto a Los Angeles in una di quelle case molto hippy cool a Laurel Canyon dove la stessa Mitchell risiedeva vicina di casa di Mama Cass, Frank Zappa, i Byrds o i Doors per citarne alcuni. E invece no, in questo caso Joni era una timida fuori sede, anche se a New York ci aveva abitato quando intrecciò una liaison con Leonard Cohen, prima di James Taylor e Jackson Browne e Sam Shepard per intenderci. La descrizione di un party esclusivo e come trovarsi fuori posto, l’esatto contrario delle stupide FOMO del secondo millennio, dove “All the people at this party they’ve got a lot of style, They have stamps of many countries, they’ve got passport smiles” e cioè “Tutte queste persone alla festa hanno tanto stile, hanno i timbri di tanti paesi, hanno sorrisi da passaporto”. Certe persone, continua il testo di tipo squisitamente e spietatamente observational, sono amichevoli, altre taglienti, qualcuno si gusta la scena dalle retrovie, qualcun altro è in centro “giving to get something” credo sottintenda uno scambio di narcotici o pillole o di favori. Ma veniamo al dunque:”Photo Beauty gets attention, Then her eye paint’s running down, She’s got a rose in her teeth, And a lampshade crown” e cioè “La bella delle foto desta attenzione, poi il trucco le cola dagli occhi, Ha una rosa fra i denti, e un paralume come corona”. Per decenni ci si è chiesti di chi stesse parlando la Mitchell, ma la bellissima in questione finalmente ha un nome: si chiama Apollonia Van Ravenstein, è una fotomodella olandese richiestissima (ancora non era stato coniato il termine Top Model), sfila per Halston e Diane von Fürstenberg, ed è intima amica di Pat Cleveland ma anche del padrone di casa e soprattutto di Anjelica Huston. Joni Mitchell a questo punto ci informa del suo stato emotivo: “One minute she’s so happy, Then she’s crying on someone’s knee, Saying, laughing and crying, You know it’s the same release”, “Un minuto è così felice, un altro si mette a piangere fra le ginocchia di qualcuno dicendo: lo sai che piangere e ridere fanno parte dello stesso sfogo?”.
Perché Apollonia piange e ride con un paralume in testa? Quello che ci pareva un classicone di ragazza bella fatta e matta dei party anni ’70 – pensiamo solo alla compianta dea Edie Sedgwick – è vero solo in parte perché in realtà nasconde un segreto che dopo anni ha svelato Anjelica Huston nella sua biografia “Watch me”: lei stava con Jack Nicholson che però si faceva anche la sua amica Apollonia. E’ la stessa Van Ravenstein a rivelarlo, sempre piangendo, qualche giorno dopo alla Huston, si trovano a Londra per un servizio fotografico, lei chiama subito Nicholson e ne chiede conto, lui le risponde che è stata solo una “pity fuck”, se l’è scopata per pietà. Non una gran risposta a dire il vero, ma solo perché tendiamo a idealizzare le persone capaci come brave persone mentre invece esistono stronzetti in ogni categoria a prescindere. E’ esattamente il “Jack behind his Joker” di cui canta Joni Mitchell più avanti nella canzone, profetizzando con largo anticipo uno dei ruoli più riusciti della sua carriera. Ogni brano di Joni è un loop di scatole cinesi, in ognuno è racchiuso un’ispirazione, una tesi e un giudizio cesellati in parole e musica, un rompicapo mistico che vi invito a provare perché, non c’è niente da fare, “Joni Mitchell never lies”.
PS: A questo punto muoio dalla voglia di sapere chi è la ragazza dei Parioli descritta in uno degli album italiani più sottovalutati di sempre prodotto all’inizio degli anni ’80 da Paolo Giaccio e cioè “Il Tuffatore” di Flavio Giurato che lì canta: Amore Amore Amore, figliola non andare coi cantautori, Amore Amore Amore, che poi finisci nelle canzoni.

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